antropometria dell’angelo

2024 – LDM Gallery, Firenze, Italia – Una lastra di ottone di 200 x 100 cm, hardware, dimensioni ambiente

 

Estratto dall’intervista di Špela Zidar a Stefano Tondo realiozata in occasione della mostra LUCE è OMBRA

[…] Antropometria dell’Angelo è una lastra d’ottone lucida, luminosa, vagamente riflettente e vibrante. Non è uno specchio, non rimanda la nostra immagine, è una soglia sulla quale appare un’immagine antropomorfa con cui entriamo in relazione, un Angelo.

Raramente rendo esplicita la natura autobiografica dei miei lavori ma in questo caso è inevitabile per chiarirne il senso.

L’immagine dell’Angelo è ottenuta imprimendo il corpo della mia compagna sulla superficie della lastra che dopo il contatto con la carne gradualmente si è ossidata. È il suo corpo in tutta la sua fisicità, è il naturale grasso della pelle che, corrompendo la purezza della superficie lucida, rende possibile il manifestarsi della sua immagine trasfigurata e diafana: la carne che si fa luce.

Il riferimento alla figura dell’Angelo ha una motivazione precisa. L’Angelo è spesso associato alla donna, alle sue qualità sublimate ma altrettanto investe una complessità di senso non banale.

L’Angelo non ha sesso.

Quando ho conosciuto Katia ho scoperto molto presto che sin da giovane ha dovuto combattere contro un cancro al seno che, a detta dei medici, l’avrebbe portata a morte certa. Dopo anni di cure quella sentenza è stata smentita. I segni di quella lotta con la morte sono impressi sul suo corpo. Le ovaie, attributo femminile che le avevano consentito di generare la vita, asportate. Del suo seno generoso sono rimaste solo le cicatrici che ne disegnano i contorni sul torace e che sono visibili anche nell’opera. In un certo senso la donna che avevo di fronte era come se non avesse sesso, la sua vittoria sulla morte l’aveva resa un Angelo.

Il suo corpo impresso nella luce della lastra mostra una sagoma antropomorfa senza attributi sessuali e con il petto privo di seni. Il torace scavato, senza uno dei due muscoli pettorali, lascia un vuoto seguito dalla traccia della spalla. L’immagine che ne risulta è ambigua, le spalle sembrano evocare le ali di un Angelo e allo stesso tempo l’iconografia di un Cristo in croce o ancora carne da macello tante volte rappresentata in arte (da Damien Hirst a Rembrandt, da Kounellis a Francis Bacon e Annibale Carracci). […]

Nel titolo ho voluto rendere chiaro il riferimento a Yaves

Klein perché è volutamente esplicito nella forma e nella modalità di realizzazione. D’altra parte quest’opera, con il lavoro di Klein, condivide anche l’intento di congiungere materialità e immaterialità in un’unica immagine. Non starò qui a spiegare quanto ha lui stesso dichiarato sul percorso creativo che l’ha condotto dal realizzare monocromi blu alle antropometrie ma voglio evidenziare come, a mio avviso, ci sia un filo rosso che unisce queste opere al “Grande nudo blu” di Matisse e alla Madonna blu su fondo oro del grande abside della Basilica di Torcello presso Venezia. In tutti questi lavori l’immagine femminile trasfigurata e bidimensionale si staglia su un fondo immateriale (oro o bianco), fisico e metafisico si avvicinano, il bianco del foglio e l’oro del mosaico attraversano la figura blu compenetrandosi.  […]

 

 

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